Con un tasso di riciclo dell'80% e un tasso di recupero dell'88% gli imballaggi in carta e cartone si confermano tra i più sostenibili. Ma per rendere veramente concreta quell'economia circolare che costituisce il futuro del nostro pianeta, bisogna prima di tutto limitare gli sprechi di risorse che persistono ancora in diversi settori come ad esempio quello alimentare. Lo dimostra una ricerca* condotta dall'Università Bocconi presentata a
Cibus dal
Club Carta e Cartoni di Comieco: l'introduzione di nuovi packaging "bio-based" può contribuire a migliorare la qualità della raccolta differenziata, limitando il ricorso alla discarica con un conseguente potenziale risparmio di milioni di euro.
Al convegno, moderato da Eliana Farotto, Responsabile Ricerca e Sviluppo di Comieco, hanno preso parte Gabriele Folli, assessore Ambiente, Mobilità, Trasporti del Comune di Parma, Piero Attoma, vicepresidente di Comieco, il professor Francesco Bertolini dell'Università Bocconi, Andrea di Stefano, responsabile progetti speciali di Novamont, Claudio Dall'Agata, direttore del Consorzio Bestack, Gian Paolo Angelotti, Presidente Nazionale Fiesa Confesercenti – Federazione Italiana Esercenti Specialisti dell’Alimentazione.
La ricerca dimostra quanto ancora si possa fare per ridurre l'impatto ambientale dei rifiuti alimentari, partendo proprio dalle due filiere già oggi maggiormente sostenibili, quella dell'organico e quella della carta. Soprattutto nella grande distribuzione ancora pochi dispongono di tempo e risorse per separare l’imballaggio dall’invenduto. Ecco quindi che gli alimenti scaduti e i loro imballaggi non possono essere smaltiti nelle rispettive filiere e finiscono in discarica con considerevoli ricadute negative sia sull’ambiente che sull’economia. Esistono oggi le tecnologie per produrre imballaggi a base cellulosica particolarmente innovativi (bio-imballaggi, o imballaggi naturali) che consentirebbero di limitare questo spreco di risorse potendo essere conferiti insieme agli alimenti nella raccolta dell’organico. Ogni anno in Italia vengono immessi al consumo 4,3 milioni di tonnellate di imballaggi cellulosici, assorbiti per la maggior parte proprio dal comparto alimentare, che già vengono quasi al 90% recuperati e riciclati.
Le filiere analizzate sono quelle della carta e del rifiuto organico, notoriamente virtuose, ma nelle quali persistono alcune criticità: imballaggi cellulosici "contaminati" come i cartoni della pizza sporchi che finiscono nei bidoni della raccolta differenziata della carta, oppure contenitori che vengono gettati nell’organico insieme agli alimenti contribuendo all'impurità del rifiuto. Tutte queste inefficienze non sono prive di costi: quelli legati alla contaminazione della filiera della carta ammontano a 21,9 milioni di euro, mentre quelli dell'organico arrivano a 56 milioni di euro.
Lo studio evidenzia, in sette diversi ambiti del food, come l'uso di packaging "bio-based", conferibili nell'umido grazie alla presenza di biopolimeri o di sostanze come l'amido di mais, può prolungare in modo naturale la shelf life dei prodotti, limitando gli sprechi alimentari e, al contempo, portando ad una raccolta differenziata più efficiente e in linea con le nuove direttive dell'Ue (la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 9 luglio 2015 ha introdotto l'obbligo di raccolta differenziata della frazione organica entro il 2020 e il divieto totale di incenerimento della stessa). Vantaggi quantificabili: l'utilizzo di imballaggi che possono essere conferiti insieme agli alimenti stessi si traduce in 190mila tonnellate di rifiuti alimentari inviati a compostaggio, e quindi non sprecate, con un conseguente risparmio economico di oltre 5 milioni di euro.
Sulla base dei risultati riferiti alle sette diverse applicazioni considerate (ortofrutta, carne, insalata IV gamma, salumi in vaschetta, burro, coppette gelato, carte da banco) secondo le conclusioni del prof. Bertolini si può ottenere nel complesso:
- Un risparmio di circa 1,9 milioni di euro grazie ad una raccolta più efficiente
- L'invio a compostaggio di 91.737 tonnellate di packaging compostabile (che salgono fino a 142.011 tonnellate considerando anche lo scarto alimentare della GDO)
- Un aumento dell'utilizzo di carta pari a 84.874 tonnellate (+12% circa sulla produzione di scatole e astucci in cartoncino teso)
- Un aumento del mercato delle bioplastiche pari a 25.292,8 tonnellate.
In conclusione, la ricerca ha evidenziato che la sostituzione del pack tradizionale con pack concepito con criteri di innovazione e sostenibilità porterebbe ad elevati risparmi “ambientali” mantenendo inalterate le irrinunciabili funzioni di protezione e conservazione.
*Nota metodologica: La sostituzione di alcune tipologie di packaging alimentare in plastica con soluzioni compostabili comporterebbe un beneficio in termini di miglior gestione del rifiuto alimentare sia all’interno della grande distribuzione che in ambiente domestico. Per i casi in cui non sia al momento disponibile un’alternativa in bioplastica o carta+ bioplastica o carta per questo tipo di applicazioni si è proceduto in maniera teorica al fine di identificare i potenziali benefici della sostituzione nel momento in cui l’applicazione risulterà tecnicamente disponibile. Il beneficio economico è calcolato solo in relazione a una corretta gestione dello spreco (differenziale dei costi di conferimento pari a -27 euro/t in favore del rifiuto compostabile). In relazione allo spreco alimentare della GDO il rifiuto alimentare è risultato stimabile come compreso tra 1,32 e il 4,4 % del totale in volume (fonte Unes/Sma riferito alla carne fresca). Per l’analisi dei prodotti GDO si considera un dato medio di scarto pari al 2,86%. Tale dato risulta in linea con recenti studi che evidenziano un 2,5% di food losses nella distribuzione (Fonte Public waste agency of Flanders 2015, Food loss and packaging).